l ceto medio italiano è in ginocchio: la denuncia implacabile di Portolan contro il capitalismo predatorio
Il Rapporto Portolan sulla povertà del ceto medio in Italia rappresenta una vera e propria rivelazione sociologica e politica. Se i dati ufficiali dell’ISTAT parlano di un 60% di italiani che vivono in condizioni di povertà o difficoltà economica, Portolan arriva a numeri molto più drammatici: il 90% degli italiani che operano nel mercato privato non riesce a “tirare avanti” senza sacrifici gravosi e rinunce continue. Parliamo di 45 milioni di persone su 50 milioni, un’enormità silenziosa e invisibile alla narrazione pubblica.
Questo dato, scomodo e clamoroso, non nasce da un calcolo astratto o da ipotesi ideologiche, ma dall’incrocio rigoroso di fonti ufficiali e dall’aggiornamento di parametri di misurazione spesso trascurati o minimizzati.
La popolazione di riferimento: oltre i 15 anni e oltre i privilegi
Per comprendere appieno la portata della crisi, è fondamentale definire su quale popolazione si basa l’analisi. Nel dibattito pubblico si tende a considerare la popolazione totale, ma per un’analisi economica rigorosa e coerente con le metodologie internazionali, il riferimento corretto è la popolazione in età lavorativa, cioè dai 15 ai 64 anni. Questa fascia rappresenta chi può essere attivamente coinvolto nel mercato del lavoro.In Italia la popolazione in età lavorativa è stimata intorno ai 40-45 milioni. Portolan amplia leggermente questa base includendo anche alcuni individui fuori da questa fascia, per tenere conto di nuclei familiari e lavoratori atipici, arrivando così a una stima di circa 50 milioni di persone realmente esposte alle dinamiche del mercato privato.
Vengono invece esclusi dalla stima:
- I dipendenti pubblici (circa 4 milioni), protetti da tutele più solide e stabilità, meno esposti al rischio di povertà;
- I proprietari ereditieri (circa 6 milioni), che detengono l’80% del patrimonio immobiliare nazionale e vivono spesso di rendita, quindi marginalmente influenzati dalle fluttuazioni del mercato.
Questi due gruppi, pur economicamente importanti, non rappresentano il ceto medio “in difficoltà” oggetto di questa analisi.
Perché la differenza tra 60% e 90%?
L’ISTAT stima che circa il 60% della popolazione totale viva in condizioni di povertà o difficoltà economica, ma applica criteri e parametri standard — un paniere di beni di consumo che, seppur ufficiale, esclude molte spese che oggi sono diventate imprescindibili.
Portolan corregge questi parametri ampliando il paniere includendo:
- Le spese condominiali, ormai inevitabili soprattutto nelle grandi città;
- I costi energetici, schizzati alle stelle negli ultimi anni;
- Il mantenimento dell’auto, spesso indispensabile per raggiungere il lavoro o per la gestione familiare;
L’aumento generale del costo della vita, particolarmente nelle aree urbane.
Portolan calcola un reddito minimo di sussistenza di 3.000 euro al mese per un single e 5.000 euro per una famiglia di quattro persone, soglie che superano ampiamente la media degli stipendi italiani (inferiori ai 2.000 euro mensili).Il paradosso del lavoro povero e la crisi del ceto medio
La denuncia più sconvolgente riguarda la condizione di chi lavora ma non riesce a vivere dignitosamente: non solo operai e impiegati, ma anche liberi professionisti — dentisti, avvocati, architetti, psicologi — che, tolte le spese di gestione, spesso guadagnano meno dei loro stessi dipendenti.La crisi del ceto medio è la crisi del sistema capitalistico italiano, che non premia più il lavoro, né il merito, ma costringe imprenditori e lavoratori a una corsa al ribasso.
Conseguenze drammatiche per la società e l’economia
Una società in cui il 90% di chi lavora nel mercato privato è “povero” rischia di collassare non solo socialmente ma anche economicamente. Meno reddito significa meno consumi, meno investimenti, più instabilità sociale e politica. Senza un ceto medio forte e prospero, il tessuto sociale italiano si sgretola.Conclusioni
Il Rapporto Portolan smaschera senza mezzi termini un capitalismo italiano che ha perso il suo scopo: garantire prosperità e sicurezza alla maggioranza. La denuncia è chiara: senza politiche economiche e sociali radicalmente nuove, il ceto medio sarà destinato a scomparire, con effetti devastanti per l’intero Paese.
È ora di cambiare rotta, o l’Italia perderà definitivamente la sua anima.
Fonte: https://www.portaleuniversitario.it/2025/08/rapporto-portolan-sulla-poverta-del.html

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