LA FINANZA COMPORTAMENTALE SPIEGATA BENE

Cosa si intende quando si parla di finanza comportamentale? Quali sono i suoi campi di applicazione? Abbiamo chiesto al dott. Walter Moladori, consulente finanziario presso Allianz Bank, di chiarirci di cosa si tratta e a cosa serve la finanza comportamentale. 


La finanza comportamentale, in breve, analizza quali siano le modalità di scelta in campo finanziario, in che modo l’irrazionalità e l’istinto influiscano in un campo estremamente analitico e statistico come la finanza, e come i dati statistici influinzino a loro volta l’irrazionalità e l’istinto. Nel mercato finanziario è possibile trovare trader che fanno lunghe analisi statistiche prima di prendere una posizione su un determinato asset ed altri che si fidano solo del proprio istinto. Grazie alla finanza comportamentale è possibile analizzare quali siano le conseguenze di queste modalità di scelta negli investimenti, nelle reazioni del mercato e della distribuzione delle risorse, anche grazie all’integrazione di analisi e studi di psicologia cognitiva. 

Nonostante la finanza comportamentale sia abbastanza recente come sviluppi, già negli studi di Adam Smith, probabilmente uno degli economisti più influenti al mondo, passato alla storia grazie alla teoria della “mano invisibile” che governerebbe i mercati (da non confondersi con la “manina” che vari governi italiani hanno accusato di “manipolare” mercati e decreti legge), troviamo diverse analisi dei principi psicologici che influenzano le decisioni prese dalle persone. 

Nei decenni successivi gli studi economici abbandonarono gli aspetti psicologici delle fasi decisionali, analizzando la razionalità e sviluppando il concetto di homo economicus, perennemente in grado di scegliere secondo l’interesse più conveniente in ogni situazione. La conseguenza è che fino a metà XX secolo la psicologia scomparve dalla discussione economica e dall’analisi delle fasi di scelta delle persone e, a livello macroeconomico, dei mercati stessi. 

Negli studi economici, tutto funzionava razionalmente, con una precisione paragonabile ad un orologio svizzero. Durante gli anni ’60 i primi approfonditi studi di psicologia cognitiva iniziarono ad analizzare il cervello coe una macchina in grado elaborare informazioni per prendere decisioni. A partire da quel momento, iniziarono ad essere integrati i campi di studio economico e psicologico, fino a giungere al punto di svolta riconosciuto: il libro Prospect theory: Decision Making Under Risk, scritto da Kahneman e Tversky nel 1979, applicando tecniche di psicologia cognitiva per spiegare una serie di anomalie documentate nel processo decisionale economico di tipo razionale. Nel 2002 venne assegnato il premio Nobel per l’economia a Daniel Kahneman nel 2002, per il suo lavoro relativo all’integrazione della ricerca psicologica nella scienza economica relativamente al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza. 

L’importanza dell’economia comportamentale è data dal fatto che la maggior parte delle teorie economiche tradizionali sono legate a un ipotetico uomo estremamente razionale, che è in grado di valutare le informazioni fornite dal mercato in maniera estremamente razionale, senza lasciarsi perturbare nei calcoli e nei ragionamenti razionali dalle anomalie di mercato. Nella realtà, vi sono fenomeni incontrollabili che non possono essere analizzati razionalmente, mentre la finanza comportamentale, grazie all’integrazione degli studi psicologia, specialmente in campo decisionale e in situazioni di stress, è in grado di analizzare le modalità di scelta irrazionali. Sia la finanza comportamentale che l’economia comportamentale fanno entrambe affidamento sulla psicologia sociale, ma anche sulla psicologia individuale. Se un numero particolarmente rilevante di persone hanno comportamenti di scelta divergenti da quanto razionalmente ci si aspetterebbe, con la loro irrazionalità sono in grado di influenzare l’intero mercato. 

Un altro aspetto analizzato dalla finanza comportamentale è la percezione del rischio delle persone. Numerosi studi psicologici hanno dimostrato come il timore di possibili perdite sia tre volte maggiore rispetto alla possibile felicità per un guadagno, a parità di investimento e di tasso di rischio. Di conseguenza, è molto più probabile che una persona cerchi di mantenere il capitale intatto, piuttosto che rischiare di perderne una parte per un possibile guadagno. 

Nella fase iniziale degli studi psicologici applicati ai trader, venivano somministrati test e sondaggi, cercando di comprendere il modo di pensare dalle risposte fornite. Con l’evoluzione degli studi neuronali, si è passati a eseguire anche esami clinici, come le risonanze magnetiche, in modo da comprendere quali aree del cervello si attivavano in fase di scelta. Note le aree razionali e quelle legate all’impulsività, diventa possibile analizzare la componente razionale e la componente impulsiva e la loro preponderanza analizzando quanto le singole aree si sono attivate nella fase decisionale. 

Mentre procedevano gli studi scientifici, sono stati individuati i temi principali al centro degli studi della finanza comportamentale: 

  • euristica: le persone prendono le decisioni in base a regole empiriche approssimative, che ogni individuo rielabora in base alla sua esperienza;
  • inquadramento: la modalità in cui viene presentato un problema ad una persona ne influenza le decisioni;
  • inefficienza di mercato: i casi in cui le reazioni del mercato non sono comprensibili mediante spiegazioni razionali e teorie economiche.

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Walter Moladori
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LA FINANZA COMPORTAMENTALE SPIEGATA BENE LA FINANZA COMPORTAMENTALE SPIEGATA BENE Reviewed by Redazione on venerdì, dicembre 07, 2018 Rating: 5

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