3 ITALIANI SU 10 A RISCHIO POVERTÀ: PIÙ COLPITO CHI HA PARTITA IVA
Povera Italia. Con tasse record in Ue e con una spesa sociale tra le più basse d’Europa, il rischio di povertà o di esclusione sociale tra il 2006 e il 2016 è aumentato di quasi 4 punti percentuali, raggiungendo il 30% della popolazione. Le persone in difficoltà e deprivazione sono passate da 15 a 18,1 milioni. E a essere colpiti sono soprattutto quei liberi professionisti con PARTITA IVA. Tasse per liberi professionisti e imprese con pressione fiscale alle stelle possono arrivare al 70% del proprio reddito! È quanto emerge da un'analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia e da Federcontribuenti.
In questi ultimi anni la crisi ha colpito indistintamente tutti i ceti sociali, anche se le famiglie del cosiddetto popolo delle partite Iva ha registrato, statisticamente, i risultati più preoccupanti. Il ceto medio produttivo, insomma, ha pagato più degli altri gli effetti negativi della crisi e ancora oggi fatica ad agganciare la ripresa.
A differenza dei lavoratori dipendenti – fa notare il Segretario della CGIA Renato Mason – quando un autonomo chiude l’attività non beneficia di alcun ammortizzatore sociale. Perso il lavoro ci si rimette in gioco e si va alla ricerca di una nuova occupazione. In questi ultimi anni, purtroppo, non è stato facile trovarne un altro: spesso l’età non più giovanissima e le difficoltà del momento hanno costituito una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo queste persone verso impieghi completamente in nero.
Il livello medio europeo è invece salito solo di un punto, attestandosi al 23,1 per cento: 6,9 punti in meno rispetto alla nostra media. In Francia e in Germania, invece, in questi 10 anni il rischio povertà è addirittura diminuito e attualmente presenta un livello di oltre 10 punti in meno al dato medio Italia.
A livello regionale la situazione al Sud è pesantissima. Gli ultimi dati disponibili riferiti al 2016 segnalano che il rischio povertà o di esclusione sociale sul totale della popolazione ha raggiunto il 55,6% in Sicilia, il 49,9% in Campania e il 46,7% in Calabria.
In Italia la pressione tributaria (vale a dire il peso solo di imposte, tasse e tributi sul Pil) si attesta al 29,6% (anno 2016). Tra i nostri principali paesi competitori presenti in Ue nessun altro ha registrato una quota così elevata. La Francia, ad esempio, ha un carico del 29,1%, l’Austria del 27,4%, il Regno Unito del 27,2%, i Paesi Bassi del 23,6%, la Germania del 23,4% e la Spagna del 22,1%.
In tutto questo una grande responsabilià l'hanno anche gli Istituti Bancari - commenta l'avvocato Serafino Di Loreto, fondatore di SDL Centrostudi - che normalmente sono una risorsa per il paese Italia se sono corrette e oneste.
Purtroppo e spesso le banche si salvano solo grazie ai risparmi dei cittadini, a politiche di governo scellerate e all’imbarazzante gioco delle poltrone che vede al timone dei poteri forti una masnada di sodali spesso anche incapaci. Il cittadino, se sbaglia, paga - spesso, suo malgrado, anche con la vita-. Se a fallire, a indebitarsi oltremisura, invece, è la banca, a pagare è lo Stato, ma con i soldi degli italiani: una intollerabile ingiustizia e vergogna! Due pesi, due misure!
Dal 2010 a oggi, credendoci sempre e operando fino in fondo con un nutrito pool di professionisti con serietà, continuità e impegno, abbiamo restituito alle tasche degli italiani oltre 250 milioni di euro ingiustamente sottratti da banche e Fisco, estinguendo debiti, facendo annullare cartelle esattoriali, bloccando pignoramenti, cancellando aste giudiziarie. A oggi abbiamo aiutato migliaia di privati, imprese, cittadini e consumatori, salvando posti di lavoro, immobili, aziende, patrimoni, risparmi e dando un futuro a speranze e destini su cui stava tristemente per scriversi la parola ‘fine’. E sono dati, in continua crescita, specchio di un Paese in serie difficoltà e altrettanto affanno.
In Italia la pressione tributaria (vale a dire il peso solo di imposte, tasse e tributi sul Pil) si attesta al 29,6% (anno 2016). Tra i nostri principali paesi competitori presenti in Ue nessun altro ha registrato una quota così elevata. La Francia, ad esempio, ha un carico del 29,1%, l’Austria del 27,4%, il Regno Unito del 27,2%, i Paesi Bassi del 23,6%, la Germania del 23,4% e la Spagna del 22,1%.
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Al netto della spesa pensionistica, il costo della spesa sociale sul Pil (disoccupazione, invalidità, casa, maternità, sanità, assistenza, etc.) si è attestata all’11,9%. Tra i principali paesi Ue presi in esame in questa analisi, solo la Spagna ha registrato una quota inferiore alla nostra (11,3% del Pil), anche se la pressione tributaria nel paese iberico è 7,5 punti inferiore alla nostra.
Tutti gli altri, invece, presentano una spesa nettamente superiore alla nostra. In buona sostanza siamo i più tartassati d’Europa e con un welfare “striminzito” il disagio sociale e le difficoltà economiche sono aumentate a dismisura.
Da un punto di vista sociale – commenta il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo - il risultato ottenuto è stato drammatico: in Italia, ad esempio, la disoccupazione continua a rimanere sopra l’11 per cento, mentre prima delle crisi era al 6 per cento. Gli investimenti, inoltre, sono scesi di oltre 20 punti percentuali e il rischio povertà ed esclusione sociale ha toccato livelli allarmanti. In Sicilia, Campania e Calabria praticamente un cittadino su 2 si trova in una condizione di grave deprivazione. E nonostante i sacrifici richiesti alle famiglie e alle imprese, il nostro rapporto debito/Pil è aumentato di oltre 30 punti, attestandosi l’anno scorso al 131,6 per cento.
3 ITALIANI SU 10 A RISCHIO POVERTÀ: PIÙ COLPITO CHI HA PARTITA IVA
Reviewed by Redazione
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domenica, marzo 25, 2018
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