I POSSIBILI SCENARI SOCIOECONOMICI DELLA BREXIT

Tutti abbiamo sentito in questi due anni parlare della Brexit, delle sue complicate trattative e dei possibili scenari su cosa succederà dopo il 29 marzo 2019, quando la Gran Bretagna lascerà l’Unione Europea. Ma qual è la situazione attuale? Cosa sta succedendo? E come si devono comportare gli investitori? Abbiamo rivolto la domanda a un economista esperto, il dottor Walter Caputo, e il consulente patrimoniale dott. Walter Moladori


L’11 dicembre era previsto il voto da parte del parlamento britannico sull’accordo stretto fra la prima ministra britannica Theresa May e i negoziatori dell’UE, ma l’inquilina di Downing Street ha preferito rinviare il voto, dato che secondo tutti i pronostici il voto sarebbe stato negativo, con il conseguente rigetto dell’accordo. Una delle motivazioni legate al rinvio è sicuramente legata al tentativo di effettuare alcune modifiche all’accordo, in modo da cercare di convincere parte degli oppositori a cambiare intenzione di voto. L’Unione Europea, per bocca dei suoi massimi rappresentanti, ha fatto sapere più volte che un ritorno al tavolo dei negoziati è pressoché impossibile, sia perché l’accordo attuale viene ritenuto il migliore possibile, sia perché i negoziati sono durati un anno e mezzo: effettuare modifiche, anche solo “cosmetiche”, richiederebbe tempo, che non c’è, visto l’avvicinarsi della data di uscita della Gran Bretagna dall’UE.

Secondo l'esperto in Economia,  dott. Walter Caputo, la questione è piuttosto complessa. 
Io mi sentirei di affermare solo due cose che - in economia - hanno una validità piuttosto robusta:
1) l'incertezza non fa bene a nessuno. In una situazione di incertezza l'economia si ferma perché le imprese non fanno mai salti nel buio, ma devono effettuare stime e calcoli su diversi scenari ragionevolmente certi. E solo in un secondo tempo agiscono.
2) da tempo immemore l'economia oscilla fra competizione e cooperazione. In ogni caso, chi resta da solo, in minoranza o isolato oggi è perduto.

Uno dei problemi principali dell’accordo, nonché arma principale dei detrattori per promuovere il voto contrario all’accordo, è il meccanismo del backstop, vale a dire un accordo temporaneo, che entrerebbe in vigore al momento dell’uscita di Londra dall’UE e che resterebbe in vigore fino all’entrata in vigore dell’accordo definitivo, grazie al quale questioni al momento risolte tramite compromessi nell’accordo attuale troverebbero la loro veste definitiva. Il problema principale, nonché causa principale della nascita del backstop, è legato alla frontiera irlandese, e soprattutto agli accordi del Venerdì Santo, firmati il 10 aprile 1998 dopo più di trent’anni di violenze fra irlandesi cattolici e protestanti. Una delle prime conseguenze politiche degli accordi del 1998 fu quella di confermare che la maggioranza della popolazione nord irlandese desiderava continuare ad appartenere al Regno Unito e che la maggioranza dei cittadini irlandesi avevano il desiderio opposto, quello di una repubblica irlandese unita. A seguito di queste istanze il governo irlandese riconobbe in modo formale per la prima volta che l’Irlanda del Nord appartenesse al Regno Unito e si disse d’accordo a cambiare gli articoli della Costituzione che parlavano di unità dell’Irlanda, mentre contemporaneamente il governo britannico, cancellò l’atto del 1920 che aveva creato l’Irlanda del Nord e che conteneva delle pretese di sovranità su tutta l’isola. Uno degli aspetti fondamentali contenuti negli accordi del Venerdì Santo è l’assenza di frontiere lungo i confini dell’Irlanda del Nord, in modo da evitare di favorire nuovamente la formazione di un clima di tensione. Finché sia il Regno Unito sia l’Irlanda erano entrambi membri dell’Unione Europea e, di conseguenza, dell’area economica comune, la necessità di una frontiera era pressoché nulla. Con la Brexit tutto questo è destinato a cambiare.

Il sistema noto come backstop è stato strutturato in modo da evitare la nascita di una frontiera rigida fra Irlanda (che fa parte dell’UE) e Irlanda del Nord (che fa parte del Regno Unito), mantenendo temporaneamente l’intero Regno Unito rimanga transitoriamente nell’unione doganale europea. Per il confine fra le due Irlande non dovrebbe cambiare quindi nulla, ma il Regno Unito non potrà quindi negoziare in autonomia accordi commerciali con altri paesi. Secondo Geoffrey Cox, procuratore generale per il governo inglese, il backstop potrebbe essere tutt’altro che temporaneo, dato che i negoziati sulla futura relazione fra Regno Unito e Unione Europea «potrebbero protrarsi per trattative in diverse fasi», tanto da diventare pressoché definitivo, dato che il Regno Unito non può uscirne unilateralmente, come imposto in fase di trattative dai negoziatori europei. 

IL PUNTO DI VISTA DEL DOTT. WALTER MOLADORI 
In caso di nuove trattative, pare che l’unica concessione possibile da parte dell’Unione Europea è quella della sottoscrizione di un documento che garantisca la temporaneità del backstop, oltre alla certezza che verrebbe attivato solamente in caso di necessità. La concessione di questo documento però potrebbe essere legata alla certezza dell’approvazione dell’accordo stesso da parte del parlamento britannico, che May non può assolutamente promettere, visti i numeri di parlamentari pronti a votare contro l’accordo. La strategia principale dell’UE, specialmente dopo lunghe trattative come quelle che ci sono state nell’ultimo anno e mezzo, è stata quella di mettere il parlamento britannico di fronte a una scelta ben precisa: o l’accordo attuale, o nessun accordo. L’ala più conservatrice del parlamento ha però accettato la sfida, ed è pronta ad andare avanti anche senza accordo. Secondo un rapporto dello stesso governo inglese, l’uscita dall’Unione Europea danneggerà il Regno Unito dal punto di vista economico, infatti in caso di uscita dall’UE senza alcun tipo di accordo nel 2035 il PIL del Regno Unito sarà inferiore del 10,7 per cento al PIL che avrebbe se rimanesse nell’UE. Con la bozza di accordo approvata dal Consiglio Europeo e che il parlamento britannico avrebbe dovuto votare l’11 dicembre, il PIL del Regno Unito diminuirebbe di una cifra compresa fra lo 0,6 e il 2,1 per cento. Negli ultimi giorni si è espressa sulla Brexit anche la Corte di Giustizia Europea, dichiarando che la Brexit, contrariamente a quanto pensato finora, è revocabile, dietro richiesta unilaterale del Regno Unito. Questa strada però non sembra essere fra quelle che Theresa May intende percorrere, dato che ha sempre dichiarato di voler rispettare la volontà popolare emersa dal referendum che ha dato il via al divorzio dall’Unione Europea. Allo stesso modo ha sempre dichiarato di non voler indire un nuovo referendum sul tema, nonostante le forti richieste provenienti da più parti. 


Per contattare Walter Moladori o per domande su come investire al meglio il proprio patrimonio: waltermoladori.allianzbankfa.it - www.waltermoladori.it Tel: 030/9142749 - 9140058


Walter Moladori
I POSSIBILI SCENARI SOCIOECONOMICI DELLA BREXIT I POSSIBILI SCENARI SOCIOECONOMICI DELLA BREXIT Reviewed by Redazione on venerdì, dicembre 14, 2018 Rating: 5

Nessun commento